“No Other Land” – Evento speciale

Martedì 28 Ottobre 2025 le classi quinte del nostro Istituto hanno avuto la possibilità di partecipare al grande evento live nazionale (100 cinema, 28 mila studenti) assistendo alla proiezione, presso il Cinema Margherita di Cuorgnè, del documentario premiato agli Oscar “No Other Land“, seguita dal dibattito in diretta nazionale streaming con il regista Basel Adra in collegamento da Masafer Yatta (Cisgiordania), l’attivista israeliano Iddo Elam, la giurista Chantal Meloni e la giornalista Paola Caridi.

Le Immagini forti del documentario, che non siamo abituati a vedere nei telegiornali, hanno lasciato un segno, ma lasciamo parlare i nostri allievi:

“No Other Land” è un’esperienza cruda e necessaria. Non è un documentario, ma un atto di resistenza quotidiana filmato in prima persona, che ti entra dentro.
Mi ha commosso profondamente l’amicizia tra l’attivista palestinese Basel e il giornalista israeliano Yuval: la loro collaborazione, nata contro un sistema che li vuole diseguali, è il cuore pulsante del film.
La telecamera è la loro arma per documentare le demolizioni e l’ingiustizia a Masafer Yatta. Ti costringe a non distogliere lo sguardo. È un appello urgente per l’uguaglianza, un film che dimostra che l’unica, estenuante resistenza è semplicemente restare nella propria terra.

La cosa che più mi ha colpito è la consapevolezza del ragazzo palestinese, la consapevolezza che nonostante stia combattendo questa battaglia da anni e i risultati non siano così evidenti lui continui a farlo ma non per i numeri, ma perché sente che ciò che sta facendo è giusto e deve mostrare a tutti la situazione in cui i Palestinesi si trovano oramai da troppo tempo.

“No other land”, un docufilm dal quale mi è rimasto impresso il momento in cui i soldati ridono mentre fanno cose terribili, come se davanti a loro non ci fossero persone vere. I bambini piangevano e chiedevano pietà, le mamme urlavano solo di smetterla, ma loro restano fermi, freddi, come se niente li toccasse. Mi ha colpito tanto vedere come si possa arrivare a non sentire più niente, a credere a un giudizio imposto da altri. E quando i Palestinesi cercavano di parlare, di farli ragionare, loro rispondevano solo con la forza, forse proprio perché in fondo sanno che non hanno ragione. Mi ha fatto capire quanto la verità possa fare paura a chi non vuole ascoltarla e che l’unico modo per chi la teme è cercare di metterla a tacere, come succede con i filmati che vengono negati o censurati. Perché se davvero avessero ragione, non avrebbero bisogno di nasconderla. Ma in mezzo a tutto questo dolore, nel film si può vedere anche il forte ruolo della speranza, la forza di chi crede che un giorno tutto questo finirà. Loro non si arrendono, continuano a resistere con fede e pazienza, anche quando sembra inutile. Come quando il giornalista israeliano dice a Basel che i suoi video non fanno visualizzazioni e che forse dovrebbe smettere, e lui invece risponde che non si aspettava di cambiare tutto subito. Sa che il cambiamento arriva piano, fallimento dopo fallimento. È in quella pazienza e in quella fede che si vede la vera resistenza: un popolo che non smette di credere, unito dalla propria terra e dalla propria speranza.  Israa Nacir 5HS

Ci siamo trovati davanti a un documentario che raccontava la cruda realtà di quello che sta accadendo a pochi passi da noi. Immagini forti che mi hanno fatto soffermare e pensare. Ci sentiamo molto lontani rispetto alle immagini e testimonianze che abbiamo visto, dato che non le viviamo in prima persona ma è importante ricordare, mostrare e fare capire a più persone possibili che questa realtà non è così lontana da noi. Allo stesso tempo dobbiamo ricordare come non è solo in Palestina questa situazione così toccante, ma anche molti altri paesi si trovano in queste situazioni difficili. E’ importante far sentire la propria voce proprio sulla questione e credo che il film di oggi abbia lasciato un segno in tutti noi!

Questa mattina, insieme alla mia classe e ad altre classi della scuola, siamo andati al cinema per vedere il film “No Other Land”. Entrare in quella sala è stato come varcare una soglia che ci portava lontano dalla nostra vita quotidiana, in un mondo che spesso conosciamo solo a metà.
Il film ci ha raccontato storie che non si leggono nei libri di scuola, storie di coraggio, di perdita, di speranza. Alcune frasi mi sono rimaste impresse più di altre, come piccoli colpi al cuore: “Ci hanno reso stranieri nella nostra terra”, “L’inizio della nostra fine”, “Questa storia parla di potere e io sono cresciuto ascoltandola”. Parole semplici, eppure così forti, che hanno fatto vibrare dentro di me emozioni difficili da descrivere.
Mi ha colpito profondamente la forza dei protagonisti, la loro capacità di lottare contro le difficoltà più grandi senza mai perdere la dignità. Ogni scena era un piccolo pugno allo stomaco, ogni sorriso un raggio di luce in mezzo all’ombra.
Uscendo dal cinema, sentivo dentro di me un misto di tristezza e gratitudine. Tristezza per tutto quello che quei personaggi hanno dovuto affrontare, gratitudine per aver potuto vivere, anche solo per qualche ora, la loro esperienza. Mi ha fatto riflettere su quanto spesso diamo per scontato la nostra vita e quanto sia prezioso ogni momento.
Questa mattina non abbiamo solo guardato un film, abbiamo viaggiato con gli occhi e con il cuore, abbiamo imparato a guardare il mondo con più attenzione e più empatia. Porterò con me la memoria di quelle storie e di quelle parole, come un piccolo faro che illumina le mie giornate e mi ricorda che, anche nei momenti più difficili, ci sono sempre persone capaci di resistere e di amare.
Wiame Achiq

Sono rimasto colpito dalla realtà dei fatti mostrati nel documentario: il modo migliore di mostrare la vita nei villaggi palestinesi è sicuramente quello di riportare il punto di vista di un giornalista del luogo che vive in prima persona i problemi di ciò che è diventato un vero e proprio genocidio. Anche i momenti di vita quotidiana mostrati, come i bambini che giocano nonostante la miseria del villaggio o gli scherzi tra connazionali che trovano ancora la forza di sorridere sono stati emozionanti. Un fatto che contraddistingue questo documentario è sicuramente l’amicizia che lega due persone appartenenti a due nazioni in forte conflitto, simbolo di una pace che diventa possibile soltanto tramite uno sforzo fisico e d’animo (sforzo che diventa per i due giornalisti fonte di vita e speranza).

“No Other Land” mi ha colpita perché mostra un’assenza totale di empatia. Vedere le case distrutte e le persone costrette ad andarsene, mentre chi compie tutto questo resta indifferente. Quello che mi ha impressionata di più è infatti proprio la distanza emotiva tra chi subisce e chi esegue.
Inoltre mostra come già prima del 7 ottobre c’era una sofferenza enorme, ignorata dal resto del mondo.

Dal film di oggi ho capito che, per quanto possiamo provare a immedesimarci in un contesto del genere , la realtà della guerra è talmente violenta e assurda da risultare quasi inconcepibile ai nostri occhi tanto che, in alcuni momenti, non riuscivo nemmeno a distinguere se le immagini sullo schermo fossero vere o frutto di una ricostruzione cinematografica . È stato commovente sentire il regista dire che le nostre manifestazioni di solidarietà in Italia sono arrivate fin lì, e che, anche nel nostro piccolo, possiamo dare un segno di speranza e far sentire a chi vive quella realtà terribile che non è solo, e per quanto possa sembrare banale che noi siamo con loro.

Sarebbe fondamentale far vedere a tutti questo documentario per evidenziare e ricordare le vittime silenziose che con questa guerra han perso tutto anche se non la vita, per ricordare la forza di civili che da ormai 50 anni fronteggiano milizie senza i giusti equipaggiamenti, per ricordare che il suono di una voce può e dev’essere più potente di quello di un’arma.

Quello che mi ha colpito di più è il come la normalità delle loro vite venga stravolta dal conflitto e di come un giovane pieno di ambizioni e con una passione come Basel sia costretto a vivere in un’ansia costante, senza essere in grado di vivere una vita normale come la nostra.

Guardando “No Other Land” sono rimasta profondamente colpita dalla determinazione e dalla dignità di chi, nonostante le difficoltà, continua a lottare per proteggere la propria terra. È stato doloroso assistere alla privazione dei diritti fondamentali di intere famiglie, ma ancora più potente è stato il messaggio di umanità che emerge: legami di solidarietà, gesti di amicizia, scintille di speranza.
Mi ha fatto pensare a quanto spesso diamo per acquisiti privilegi come scegliere dove vivere, accedere all’istruzione o costruire il nostro futuro. Per molti, invece, questi sono traguardi da conquistare ogni giorno. Il film mi ha lasciato un senso profondo di ingiustizia, ma anche la spinta a non voltarmi dall’altra parte, a cercare di capire meglio e, nel mio piccolo, a contribuire a un cambiamento.

Il documentario che abbiamo visto stamattina mi ha colpito molto; sia per la dedizione di Basel nel continuare a filmare le ingiustizie e i torti che vengono fatti ai palestinesi, senza mai effettivamente arrendersi rischiando la propria vita ogni giorno; sia il legame tra le persone e i luoghi in cui vivono, vedere le case che vengono distrutte e i villaggi rasi al suolo, mi ha fatto capire che non è solo lo spazio in cui si vive ma parte della propria identità e delle proprie origini, mi ha fatto riflettere quanto effettivamente sia difficile perdere tutto e dover ricominciare, sapendo che non si perde solo la casa ma si rischia di perdere i ricordi, la memoria e il senso di appartenenza.

Quello che mi ha colpito di più è stato entrare nel vivo della vicenda. Avevo sentito spesso parlare di Gaza, ma molto meno della situazione in Cisgiordania, di cui in realtà sapevo poco. Vedere una famiglia sfrattata dalla propria casa, bambini che soffrono, persone arrestate o addirittura uccise ingiustamente mi ha profondamente colpito e fatto rabbrividire.

Il documentario visto questa mattina ha ampliato le mie conoscenze sull’argomento di cui mi ero già informata precedentemente, ma una cosa è leggere certe notizie sui giornali, altra è vedere scene che si sono realmente svolte. Inoltre, continua a colpirmi la cattiveria del genere umano e la mancanza di solidarietà.

Del documentario ciò che più mi è rimasto impresso è la speranza del protagonista che di fronte a eventi tragici e sconcertanti che lui stesso vive sulla sua pelle non svanisce mai, anzi lui riesce a rimanere sempre positivo nonostante tutto.

La cosa che mi ha colpito di più è vedere che ci sono dei giovani come noi che, nonostante tutte le pressioni di Israele hanno il coraggio di opporsi, andando addirittura in carcere pur di non collaborare nel genocidio. Trovo che siamo molto coraggiosi e siano un ottimo esempio per tutti.